«I nostri studenti che vanno
male non vengono mai soli a scuola. In classe entra una cipolla: svariati
strati di magone, paura, preoccupazione, rancore, rabbia, desideri
insoddisfatti, rinunce furibonde accumulati su un substrato di passato
disonorevole, di presente minaccioso, di futuro precluso. Guardateli, ecco che
arrivano, il corpo in divenire e la famiglia nello zaino. La lezione può
cominciare solo dopo che hanno deposto il fardello e pelato la cipolla.
Difficile spiegarlo, ma spesso basta uno sguardo, una frase benevola, la parola
di un adulto, fiduciosa, chiara ed equilibrata per dissolvere quei magoni,
alleviare quegli animi, collocarli in un presente indicativo. Naturalmente il
beneficio sarà provvisorio, la cipolla si ricomporrà all'uscita e forse domani
bisognerà ricominciare daccapo. Ma insegnare è proprio questo: ricominciare
fino a scomparire come professori. Se non riusciamo a collocare i nostri
studenti nell'indicativo presente della nostra lezione, se il nostro sapere e
il piacere di servirsene non attecchiscono su quei ragazzini e quelle
ragazzine, la loro esistenza vacillerà sopra vuoti infiniti».
Daniel Pennac, Diario di scuola, 2010