venerdì 29 marzo 2013

INSEGNARE INGLESE CON INTERNET

12 Luglio 2012
autore: Raffaella Carro, Ricercatore Indire esperto in didattica delle lingue straniere con le nuove tecnologie

  Le potenzialità didattiche del binomio lingue straniere/Internet sono state ampiamente riconosciute dal mondo della scuola. Lo stesso vale per le LIM introdotte nelle classi di ogni ordine e grado anche grazie ad ingenti investimenti pubblici. Poco conosciute nella scuola sono invece le attività didattiche “ambientate” nei mondi virtuali che si sono diffusi soprattutto negli ultimi 5 anni e che offrono interessanti opportunità di studio e di lavoro.
 

Web 2.0 e Lim

Dall’avvento di Internet chi studia una lingua e chi la insegna hanno a disposizione una fonte assai ricca di materiali e di occasioni per l'approfondimento e lo studio: materiali per il rinforzo e il recupero, banche dati grammaticali, dizionari, risorse didattiche di cultura e civiltà, ma anche oggetti non pensati per la didattica quali giornali, riviste e soprattutto tutti quei documenti video (telegiornali, talk show, film, documenti storici autentici, ecc.) che rispetto ai documenti testuali e agli audio danno l’opportunità di cogliere l’interazione tra lingua e codici non verbali – gesti, postura del corpo – e di cogliere anche i nessi tra lingua e dimensione culturale: status symbol, forma e arredamento delle case, caratteristiche delle città e così via (Balboni, 2008).

  Con la diffusione del Web 2.0, il computer è diventato un potente mezzo di comunicazione globale, grazie alle applicazioni online che permettono uno spiccato livello di interazione tra il sito web e l'utente (blog, forum, chat, wiki, flickr, youtube, facebook, myspace, twitter, ecc.). Le Lavagne Interattive Multimediali (LIM), strumento di convergenza digitale, hanno dato la possibilità di portare tutti questi materiali e applicazioni direttamente nella classe, permettendo di contestualizzare contenuti che prima richiedevano strumentazioni specifiche e ambienti dedicati (Tosi, 2010).

  Nell’apprendimento delle lingue questi strumenti consentono di superare la simulazione comunicativa, quella che viene ricreata nell’ambiente “artificiale” della classe di lingua, e coinvolgono gli studenti in reali esperienze di lingua in ambiente virtuale. Le potenzialità didattiche del binomio lingue straniere/Internet sono state ampiamente riconosciute dal mondo della scuola, che vede negli strumenti del web 2.0 soprattutto una opportunità di collaborazione e cooperazione con scuole di altri paesi con le quali sempre più spesso si sviluppano progetti comuni.

Lo stesso vale per le LIM introdotte diffusamente nelle classi di ogni ordine e grado anche grazie ad ingenti investimenti pubblici. Poco diffuse nella scuola sono invece le attività didattiche “ambientate” nei mondi virtuali, ovvero in quelle simulazioni digitali della realtà fruibili su computer e accessibili da più utenti attraverso un’interfaccia web o locale che si sono diffusi soprattutto negli ultimi 5 anni.

Mondi virtuali

I mondi virtuali che nascono principalmente come giochi di ruolo online hanno potenzialità interessanti in ambito educativo. Queste potenzialità sono state studiate soprattutto dopo la comparsa Second Life, metamondo tridimensionale multi-utente fruibile online, in cui si agisce utilizzando una personificazione digitale in 3D chiamata Avatar e che a pochi anni dal lancio ufficiale è diventato un vero fenomeno di costume, uno spazio di incontro per centinaia di culture diverse che utilizzano il mondo digitale come luogo in cui creare, collaborare, comunicare.

  I "social virtual worlds" come Second Life offrono molte opportunità anche per l’insegnamento/apprendimento delle lingue. Rappresentano infatti un luogo di incontro virtuale che mantiene molte qualità dell’esperienza diretta; inoltre gli studenti non si limitano a fruire testi e immagini, ma vengono coinvolti negli scenari in un modo attivo. Nei mondi virtuali siamo di fronte ad un diverso concetto di presenza in quanto l’utente è necessariamente presente in maniera attiva, è "visto" dagli altri avatar, decide cosa fare, dove muoversi, con chi parlare.
 
Lo studente in questo modo prova la sensazione di trovarsi realmente di fronte all’altro, e ciò è determinate ai fini del coinvolgimento e della motivazione (Lindy Mckeown in Gerosa , 2007). Questa presenza fisica dell’utente che sta dietro all’avatar aumenta il senso di appartenenza e di presenza e consente all’insegnante non solo di interagire con i suoi studenti dal vivo, ma anche di coinvolgere poeti, artisti, musicisti, designer, ecc. Gli ambienti immersivi pongono lo studente all’interno di un processo di simulazione che, oltre a prevedere un compito da svolgere e un elevato livello di controllo e di intervento decisionale, avviene in un contesto estremamente realistico e coinvolgente. Il vantaggio immediato è quello che Antinucci (2001) identifica nel modello di apprendimento percettivo-motorio in cui l’apprendimento “non avviene né attraverso l’interpretazione di testi, né attraverso la ricostruzione mentale. Avviene invece attraverso la percezione e l’azione motoria sulla realtà”.

  L'apprendimento, dunque, non è separato dal mondo dell'azione ma coesiste in un ambiente sociale complesso fatto di attori, azioni e situazioni.

  In classe
 
Insegnare la competenza comunicativa in un ambiente “artificiale” come è la classe di lingua straniera non è semplice e non sempre si raggiungono gli obiettivi prefissati. In classe si può solo tentare di ricreare un evento inscenando situazioni funzionali. Molto spesso però questa “messa inscena” crea imbarazzo negli studenti i quali si trovano costretti ad interpretare una parte, apparentemente fine a se stessa, di fronte ai compagni o ai colleghi. Il mondo virtuale per sua natura consente di mettere in atto situazioni comunicative reali nelle quali lo studente si ritrova a dover affrontare problemi complessi con soluzioni che variano a seconda della circostanza.

Lo studente viene immerso in luoghi in cui può parlare la lingua straniera oggetto di studio con dei madrelingua, senza dover seguire un “copione” fornito dal libro di testo, ma “tuffandosi” nella comunicazione autentica. Nei mondo virtuali è possibile ricreare ambientazioni realistiche come aeroporti, hotel o musei in cui realizzare giochi di ruolo: un hotel dove interagire con un addetto alla reception per avere una camera, un museo in cui una guida illustra le opere, un supermercato in cui fare la spesa, un locale in cui incontrare amici.

Il docente può anche trasportare la classe indietro nel tempo per fare una lezione di storia nella Roma antica e nell’Egitto dei Faraoni, o una di scienze dentro il corpo umano o in mezzo ad una eruzione vulcanica sviluppando attività didattiche secondo la metodologia CLIL che trova in un ambiente di questo tipo un setting ideale. Allo stesso tempo vi si possono usare anche strumenti più tradizionali, mentre stiamo chiacchierando con un altro avatar, o mentre stiamo tenendo una lezione: si può mostrare una presentazione in PowerPoint, magari in una Lavagna Interattiva Multimediale virtuale o connettersi ad internet direttamente da un browser interno.

L’uso dei mondi virtuali può rappresentare una interessante sfida per il docente, e non semplicemente sul piano tecnologico. Dal punto di vista tecnico un mondo virtuale come Second Life è relativamente semplice; assai più complesso è però individuarne un uso didattico innovativo ed efficace. Al proposito, si può ricordare che il ruolo, la figura del docente prende aspetti molto differenti in base al suo modo d'insegnare: è e-teacher se nell'evento didattico la sua azione è orientata più verso i contenuti; è e-moderator se il suo ruolo è mirato a creare un clima di interazione proficua tra i partecipanti, incoraggiando gli scambi, stimolando una costruzione condivisa della conoscenza, cercando di capire ed interpretare le complesse dinamiche di gruppo. (Rivoltella, 2006).

  In questo contesto il docente non è più necessariamente elemento centrale o punto di riferimento dell'azione formativa, ma tende a diventarne uno tra i molti attori.

La fabbrica di cioccolato

La Fabbrica di Cioccolato Questa è la storia di Charlie Bucket, un bambino molto povero ma felice, anche se deve dividere coi genitori e i quattro nonni una zuppa, deve usare per costruzioni dei tappi di dentifricio ed avere una sola tavoletta di cioccolato l'anno, in occasione del suo compleanno. Vive in una piccola casa piena di spifferi all'ombra della grande e impenetrabile fabbrica di cioccolato Wonka e si addormenta sognando le meraviglie che questa custodisce. Un giorno il nonno di Charlie, Joe, gli racconta di quando la fabbrica era ancora aperta: lui, come molti altri uomini, lavorava lì da molti anni, sotto il comando di Willy Wonka, che un giorno decise di chiudere la fabbrica. Da quel giorno nessuno ebbe più notizie del proprietario, infatti i cancelli rimanevano sempre chiusi, tranne quando i camion Wonka andavano a ritirare le tavolette di cioccolato da vendere. Ma rimane un mistero: se nessuno lavora nella fabbrica, chi produce il cioccolato? Charlie non sa darsi risposta. Grazie a un concorso indetto dal misterioso proprietario, non solo la possibilità di entrare nella fabbrica diventa reale per i cinque fortunati che troveranno il biglietto d'oro nella loro tavoletta di cioccolato, ma uno solo alla fine della visita riceverà in dono una quantità enorme di dolciumi. Charlie è speranzoso, essendo vicino il suo compleanno, ma, malgrado le preghiere dei suoi, quando scarta la tavoletta non trova nulla. Anche la seconda, regalatagli con l'ultimo soldino da nonno Joe si rivela un buco nell'acqua, ma poi, quando tutto sembra perduto, il piccolo trova nella neve 10 dollari e comprata una supertavoletta, trova il biglietto. Si precipita a casa per dare la buona notizia. Il giorno seguente, con nonno Joe, si avvia verso la fabbrica e lì incontra gli altri quattro fortunati bambini. Sono: Augustus, un bambino molto grasso che mangia cioccolato in continuazione; Veruca, lia di un industriale che confeziona noccioline; Violetta, una bambina che mastica 24 ore su 24 una gomma americana; Mike, il quale sta sempre attaccato alla televisione. Alle dieci in punto il cancello della fabbrica si apre e il proprietario fa entrare i vincitori con i rispettivi accomnatori. Entrati, il contesto cambia: vi è un piacevole profumo di tutti i dolciumi e la temperatura è assai calda. Tutto ciò perché gli operai odiano i climi freddi e non potrebbero lavorare senza il loro clima ideale. I bambini sono molto ansiosi di sapere chi siano questi operai e il signor Wonka glieli presenta subito, entrando nella stanza della cioccolata: è un luogo magnifico, un ambiente che se non si vede non lo si può nemmeno immaginare, piena di praticelli verdi, adorabili cespugli e alberelli dall’aspetto incantevole. Tutto questo è commestibile, ma la cosa più stupefacente è il fiume: è interamente fatto di cioccolato fuso, attraversato da tubi di vetro che ogni tanto si abbassano per prelevare cioccolato e portarlo nelle altre stanze della fabbrica. Ad un certo punto spuntano, dall’altra sponda del fiume, dei piccoli ometti, gli Umpa-Lumpa: sono questi i misteriosi operai che mandano avanti la fabbrica. Loro vengono dalla giungla di Lumpalandia e Willy ha avuto l’occasione d’importarli nella sua fabbrica offrendo loro da mangiare chicchi di cacao, il loro alimento principale, in cambio della loro manodopera. Appena finisce di parlare, si sente un tonfo, tutti si voltano e vedono Augustus nel fiume. Ma quello che preoccupa di più la madre, è che i tubi lo stanno risucchiando, per portarlo chissà dove. Così Willy Wonka chiama un Umpa-Lumpa e fa scortare la signora fino al laboratorio. Intanto gli altri proseguono la visita: il proprietario fischia tre volte e da lontano si vede sbucare una grande barca rosa, costruita personalmente dal signor Wonka, scavando una gigantesca caramella. Lungo il percorso imboccano un tunnel buio come la pece, che finisce nella stanza delle invenzioni. Lì dentro ci sono tutte le invenzioni ancora da perfezionare o da terminare. Una di quelle è una stupenda gomma da masticare, che si può tranquillamente mangiare al posto del pranzo, perché contiene tre portate: zuppa, carne e torta. Violetta, colei che tiene sempre in bocca una cicca, prova ad assaggiarla e subito sente il sapore della zuppa, poi quello dell’arrosto infine quello della torta al mirtillo. I genitori sembrano felici, pensando che la loro bambina sarebbe diventata famosa per aver assaggiato la prima “Gomma Pranzo” ma subito Violetta comincia ad assumere un colore blu su tutto il corpo, poi comincia a gonfiarsi e diventare rotonda come un mirtillo gigante. Subito arrivano dieci Umpa-Lumpa che la portano nella centrifuga per toglierle tutto il succo e per sgonfiarla. Ripartono subito, perché il tempo rimanente è davvero poco e si precipitano nella stanza delle noci, dove lavorano centinaia di scoiattolini. Ovviamente Veruca ne vuole uno, così comincia a strillare e chiede al padre uno scoiattolo. Mentre questo discute con il signor Wonka, lei si precipita a prenderne uno, ma suo malgrado, viene assalita da tutti gli altri piccoli roditori e viene buttata nell’enorme tubo che porta all’inceneritore, nel quale si butterà anche il padre per salvarla. I cinque rimasti, salgono nell’ascensore di cristallo, che non funziona come un normale ascensore, ma può andare anche a destra e sinistra, permettendo di raggiungere ogni camera della fabbrica, come la stanza del telecioccolato. Willy fa vedere a tutti la sua ultima invenzione, ancora da perfezionare, la quale può teletrasportare qualsiasi materiale, come una tavoletta di cioccolato dal televisore al luogo in cui si trova una certa persona e viceversa. Mike, che se ne intende di televisione, non crede a Willy Wonka e decide di provare questa strana invenzione. Si pone sul riflettore, schiaccia il telecomando e improvvisamente viene teletrasportato nel televisore. Appare però con un piccolo difetto: è diventato piccolissimo e la sua voce si sente appena. La madre ordina al signor Wonka di far tornare di nuovo suo lio com’era prima, ma questo rimane piccolo come prima. Così la madre e Mike vengono accomnati da un Umpa-Lumpa all’uscita. È rimasto solo Charlie, che presto scopre di essere il vincitore; Willy si congratula con lui e lo fa salire sull’ascensore di cristallo con il nonno, poi preme il tasto “In su e fuori” e subito i tre vengono trasportati in alto, rompendo il soffitto della fabbrica e ritrovandosi sospesi per aria, fuori dall’edificio. Mentre vedono gli altri ragazzi tornare a casa, Willy Wonka decide di regalare a Charlie la fabbrica. Era questo lo scopo della visita: l’unico bambino vincitore avrebbe ricevuto in dono la fabbrica, perché il signor Wonka era ormai troppo vecchio per portare avanti tutto il lavoro da solo. Charlie, però, avrebbe dovuto rinunciare alla famiglia, cosa che certo non voleva, così si mette d’accordo con il vecchio proprietario Wonka e decide di far trasferire tutta la sua famiglia nella fabbrica, in modo che Charlie e Willy possano lavorare insieme e per i pasti nessun problema: avrebbe preparato tutto la mamma. Così vissero il resto dei loro giorni.

Un libro in 3 minuti: CANTO DI NATALE


giovedì 28 marzo 2013

Nativi Digitali

Ecco qui 5 video che fanno il sunto del libro Nativi Digitali del prof Paolo Ferri.

VIDEO 1  - Introduzione
VIDEO 2 - Chi sono i nativi digitali?
VIDEO 3 - L'intelligenza digitale
VIDEO 4 - Immigranti digitali
VIDEO 5 - Nativi digitali crescono

martedì 26 marzo 2013

APPRENDERE RICERCANDO

Apprendere ricercando: la fine della didattica nozionistica

L'analisi

Il nuovo modello di setting didattico 2.0 richiede più investimenti in formazione per la Scuola 2.0

di Paolo Ferri e Stefano Moriggi, università La Bicocca
La rivoluzione digitale nella scuola si può attuare solo se oltre a Internet e ai tablet, nelle classi, si attueranno da parte degli insegnanti metodologie didattiche nuove, abilitate dalle stesse tecnologie. Si tratta di mandare in soffitta la vecchia lezione frontale, trasmissiva ed enciclopedica e di rendere attivi gli studenti. Una didattica della scoperta e della ricerca e del resto molto più motivante di uno studio passivo e libresco, sia per gli studenti che per gli insegnanti.
Dalla scuola di massa alla scuola del talento della creatività e della tolleranza
La transizione al digitale nel mondo della scuola è sempre più veloce. Non sono le tecnologie in sé che cambiano i processi formativi, ma le pratiche concrete e il lavoro degli insegnanti e degli alunni che riscrivono spazi e modi delle strategie di apprendimento, dentro e fuori la scuola. In particolare, la generazione dei nativi digitali sta sviluppando una inedita relazione con gli strumenti tecnologici; e questa relazione investe tutti gli ambiti della loro vita, dal gioco alle relazioni sociali, fino al modo in cui si rapportano ai saperi (Ferri, Nativi digitali, Bruno Modadori 2011).
Proprio la riflessione su queste pratiche permette di delineare un nuovo scenario concettuale rispetto ai processi di apprendimento e di insegnamento. Le nuove tecnologie propongono per la prima volta a livello planetario di rompere gli schemi della scuola trasmissiva di massa, mantenendone tuttavia il carattere egualitario e democratico.
In passato, infatti, l’apprendere attraverso il fare e lo scoprire (learning by doing) era riservato a pochi contesti di élite, mentre - per ragioni economiche e strutturali - la scolarizzazione di base nei paesi occidentali si è svolta secondo un modello trasmissivo ed enciclopedico.
Apprendere facendo concrete esperienze, sensate riflessioni su queste pratiche e revisioni razionali delle evidenze acquisite - come dimostra la stessa logica della scoperta scientifica - offre allo studente un approccio critico e tollerante all'acquisizione delle conoscenze.
Le tecnologie digitali, oggi, garantiscono l’opportunità - se sostenute da adeguate politiche di welfare dell’apprendimento (diritti di cittadinanza digitale, accesso universale, ecc.) - di estendere all’intero sistema formativo dei paesi sviluppati (dalla Scuola Primaria all’Università) questo tipo di approccio. Almeno per almeno tre ragioni:
1 le tecnologie digitali "naturalmente" inducono a un metodo interattivo e sociale nell'accostarsi alla conoscenza (Point; click and share);
2 gli alunni e gli studenti nativi digitali praticano spontaneamente fuori da scuola questo tipo di comportamenti attraverso social-network e strumenti di comunicazione istantanea cui accedono attraverso notebook, consolle per video giochi, smartphone;
3 i costi della infrastrutturazione tecnologica sono calati vertiginosamente negli ultimi dieci anni.
L’insieme di questi fattori sta producendo un concreto ed evidente cambiamento nel setting e nella stessa costituzione materiale della scuola (in Europa, tale cambiamento è già stato recepito e formalizzato negli Obiettivi di Lisbona per l'armonizzazione dei sistemi formativi) [1].
E’ evidente, anche, come le condizioni di possibilità per questa evoluzione non possano prescindere, in Italia, da rilevanti investimenti nell’infrastrutturazione digitale della scuola. Più in dettaglio:
1) una connessione wifi a banda larga, meglio in fibra (che copra tutte le classi dell’istituto scolastico);
2) un notebook per l’insegnante e 4/5 notebook o tablet per gli studenti;
3) un video proiettore (eventualmente interattivo) o una lavagna interattiva multimediale (LIM);
4) Un ambiente virtuale per l’apprendimento (Learning Management Sistem / Virtual Learning Environment) che permetta di gestire i contenuti digitali e le attività didattiche che si svolgeranno on line.
Non più studenti ma “ricercatori”, non più insegnati ma “direttori di ricerca”
Lo scenario che dunque si prospetta a livello internazionale è quello di una radicale riorganizzazione dei metodi e delle pratiche didattiche abilitate dalle nuove tecnologie digitali. Secondo la nostra proposta, il tempo-scuola di insegnanti e studenti nell'era digitale potrebbe risultare suddiviso in tre tipologie di attività di insegnamento/apprendimento
a Tool Box
E’ l’avvio del processo didattico: si tratta di una attività, solo apparentemente vicina alla didattica frontale tradizionale. In realtà, l'insegnante si vedrà impegnato nel delineare i tratti concettuali essenziali alla comprensione dell'area tematica da affrontare, evidenziando - tanto sincronicamente quanto diacronicamente - le connessioni interdisciplinari e i nuclei problematici fondamentali (anche utilizzando i materiali digitali precedentemente carica sul VLE/LCMS). Il tutto, facendo emergere le logiche di indagine e le metodologie di ricerca di volta in volta funzionali al contesto in questione. L'applicazione di un tale approccio didattico, già a questo primo step, richiede a) una inevitabile selezione dei contenuti da proporre alla classe; b) un approccio metodologico e critico all’indagine nei differenti campi del sapere.
b Problem Solving Cooperativo
Questa fase rappresenta il momento centrale della nostra proposta. Gli studenti saranno organizzati dall’insegnante in piccoli gruppi e abilitati a lavorare all'interno di una classe virtuale (LCMS/VLE) - con il notebook sia in classe sia a casa. Quindi, sulla base di una scelta di e-tivieties (attività cooperative on-line)[2]
tra quelle loro prospettata d, analizzareventualmente risolvere i problemi emersi durante la Tool box. In questa seconda fase, gli studenti agiranno come piccoli ricercatori, sostituendo lo studio tipicamente concepito come sforzo mnemonico con un’indagine razionale modellata sulla logica della scoperta scientifica e implementata dagli strumenti di simulazione digitale dell'esperienza e/o di esplorazione e documentazione di fenomeni reali all’interno o all’esterno della scuola. La nostra ipotesi è che sia possibile riplasmare lo stesso concetto di classe nei termini di gruppi di lavoro bayesiani, resi possibile dall'infrastrutturazione tecnologica della scuola. Con il termine "gruppi di lavoro bayesiani" pensiamo a di gruppi cooperativi in presenza e on line che siano in grado di imparare scoprendo insieme e, al contempo, massimizzando il valore della creatività soggettiva e del talento individuale di ciascun membro del gruppo. L'opportunità ci è data proprio riqualificando la classe in piccoli gruppi operativi educati a pensare e agire rivedendo di volta in volta e su base razionale le loro opinioni e conoscenze, sfruttando (implicitamente) quella logica della scoperta scientifica consentita e derivata, appunto, dal cosiddetto calcolo soggettivistico delle probabilità. Una tale metodologia è possibile solo attraverso le funzioni di knowledge management e oggettivazione della conosenza consentite dagli strumenti di rappresentazione digitale dei saperi.
c Situation-room
L'insegnante, in questa terza fase, consulterà i suoi "esperti" e "ricercatori" di fiducia (ovvero, gli studenti) per chiedere loro ragione delle metodologie e dei risultati ottenuti, favorendo dunque, attraverso un ulteriore confronto, una metariflessione mediante la quale i gruppi di lavoro bayesiani possano accrescere, rivedere razionalmente e sedimentare maggiormente le (migliori) evidenze o soluzioni conseguite nella fase del Problem solving cooperativo. In questa terza fase, l’insegnante stabilisce, quindi, un momento di discussione/valutazione che condivide e approfondisce i risultati del lavoro dei singoli team di ricerca, anche attraverso l’utilizzo delle fonti disponibili su Internet come elemento di critica e controllo delle congetture altrui. E’ la fase più dialettica del processo didattico, quella in cui i risultati ottenuti dai singoli gruppi si rendono “pubblici” - proprio come avviene nel dibattito interno alla comunità scientifica.. Si tratta, in sintesi, del momento della valutazione cooperativa “di processo”, cui faranno seguito le “valutazioni sommative individuali”. In questo modo - al di là dell’acquisizione di competenze tematiche e contenutistiche - gli studenti acquisiscono nel tempo la consuetudine 1) al lavoro di gruppo; 2) all’onestà intellettuale di sottoporre al controllo pubblico le proprie idee e congetture sul mondo e sui saperi; 3) a chiedere conto delle ragioni altrui, esercitando come un diritto/dovere il pensiero critico nell’interesse proprio e del gruppo. Questo processo di confronto pubblico e di revisione razionale dei risultati è di fatto reso possibile dall’opportunità di lavorare simultaneamente all’interno di una classe reale e di un ambiente virtuale per l’apprendimento (LCMS/VLE). Un tale ambiente, pensato per la gestione condivisa della conoscenza (Knowledge Management) e per il supporto alla conduzione del processo didattico, rende infatti praticabile una serie di operazioni irrealizzabili nei modi sopra indicati all’interno di un contesto esclusivamente analogico.
3. Conclusioni provvisorie
Più nel dettaglio, l’interazione reale/virtuale all’interno di un contesto formativo ripensato sul modello presentato apre un nuovo orizzonte di opportunità oltre che sul fronte della didattica anche su quello della valutazione.
Da un punto di vista didattico:
1) l’utilizzo di Internet in classe consente, anche durante la Situation room, l’accesso e l’utilizzo diretto da parte degli studenti a una quantità di nozioni e informazioni impensabile in un setting gutemberghiano
2) L’elaborazione critica all’interno della classe virtuale dei materiali selezionati (a integrazione dei contenuti forniti dagli editori) facilita la tracciabilità condivisa della propria ricerca (Diario di Laboratorio). Pertanto, non solo documenta la visibilità dei risultati ma anche il processo metodologico e creativo che ha permesso al gruppo di raggiungerli.
3) Tale dimensione pubblica della ricerca obbliga i singoli gruppi - anche in questa fase di esposizione/discussione - a documentare ogni passaggio del loro lavoro. Il che, inoltre, induce a una costante ostensione argomentata delle fonti.
Dal punto di vista della valutazione:
1) Il fatto che ogni singola ricerca sia immediatamente disponibile (nello spazio e nel tempo) a tutti i membri del gruppo classe (docente compreso) facilita la comunicazione dei risultati e costituisce il sedimento di una memoria storica e dinamica delle attività dei gruppi. Questo rende concretamente praticabile una reale valutazione del processo di apprendimento collettivo e individuale.
2) All’interno di un ambiente virtuale - di conseguenza - l’insegnante è in grado di ricostruire (e quindi di valutare) l’effettivo contributo in termini di impegno, creatività, ideazione, collaborazione, progettazione, argomentazione, esposizione e capacità dialettica di ogni singolo “ricercatore”.
Questo tipo di setting didattico mette in evidenza una grande opportunità di “ritorno al futuro” per i sistemi scolastici e formativi - permette, cioè, attraverso le tecnologie digitali dell'apprendimento, di concretizzare su larga scala la buona utopia del learning by doing di John Dewey, rivisto alla luce di un approccio logico-metodologico di matrice bayesiana. In particolare, tale proposta riuscirebbe a rivitalizzare la realtà molto spesso “autocentrata” e tradizionale della didattica della scuola italiana. Non sappiamo se e quando questa proposta potrà essere attuata. Ma una cosa è certa: senza un ripensamento radicale del sistema scolastico e di quello universitario e della ricerca sarà molto difficile per l’Italia delle prossime generazioni essere competitiva sulla scacchiera culturale e politica europea.

[1] Gli obiettivi per l’educazione della Strategia di Lisbona sono consultabili al sito http://www.indire.it/db/docsrv//PDF/raccomandazione_europea.pdf; sullo stato di attuazione degli obiettivi di Lisbona si veda il documento disponibile al sito http://ec.europa.eu/education/policies/2010/doc/progressreport06.pdf
[2] Secondo la definizione di Gilly Salmon il termine identifica un framework di attività finalizzate alla comprensione o all’approfondimeni di un tema in modo dinamico e interattivo. Le E-Tivities sono, infatti, basate su un intenso scambio e sul dialogo riflessivo tra gli studenti e i docenti chepuò svolgere sia all’interno della classe ma sopratutto attraverso un ambiente virtuale per l’apprendimento. Come sostiene Salmon: “E-Tivities are designed to engage online students in meaningful work that captures their imagination and challenges them to grow" (Salmon, 2005).
24 Dicembre 2012

sabato 9 marzo 2013

Fumetti

Mi sto allenando a fare fumetti dato che ho intenzione di proporre questa modalità di lavoro in classe.
Questo fumetto lo dedico a tutte le mie colleghe.